TikTok Refugees, libretti rossi e app bannate
di Camilla Fatticcioni
Il recente annuncio del TikTok ban negli Stati Uniti ha spinto milioni di utenti americani a cercare alternative, tra cui l’app cinese Red Note. Questa migrazione digitale ha creato un inedito scambio culturale tra occidente e oriente.
Nelle ultime settimane abbiamo sentito parlare di rifugiati di Tiktok, “libretti rossi” e di applicazioni bannate e poi riattivate. Il tutto è iniziato da quando a gennaio 2025 i giudici della corte suprema statunitense hanno confermato all’unanimità la validità del cosiddetto “TikTok ban”.
L’antefatto di questa vicenda affonda le radici nella legislazione adottata dall’amministrazione del presidente uscente Joe Biden, che la scorsa primavera aveva approvato una legge mirata a vietare l’uso della popolare app social TikTok negli Stati Uniti. Secondo le autorità americane, la società cinese ByteDance, proprietaria della piattaforma, sarebbe accusata di raccogliere e manipolare le informazioni personali degli utenti, che negli Stati Uniti sono circa 170 milioni, con l’intento di perseguire obiettivi politici. In particolare, il governo statunitense sostiene che TikTok possa sfruttare il suo potente algoritmo per influenzare l’opinione pubblica, indirizzando contenuti in modo mirato per manipolare le percezioni e orientare il dibattito politico. Il 19 gennaio, dopo poche ore dal ban dell’app, TikTok è ritornato attivo grazie ad un intervento del presidente entrante Donald Trump. Poco prima il presidente eletto si era impegnato a emanare un decreto a seguito del suo insediamento, avvenuto il 20 gennaio, per posticipare di novanta giorni il divieto d’accesso a TikTok in attesa di trovare un acquirente, condizione posta alla casa madre ByteDance, per evitare il divieto.
L’annuncio del ban dell’app dalle piattaforme americane ha comunque spinto numerosi utenti americani a cercare rifugio online altrove, e in molti hanno scaricato il social cinese RedNote, ovvero Xiao hong shu (小红书), che letteralmente significa “piccolo libro rosso”.
Il social, particolarmente popolare in Cina, ma sconosciuto fino a poco tempo fa agli schermi occidentali, ha registrato nelle ultime settimane l’ingresso di oltre 700 mila nuovi utenti americani, rendendo RedNote l’applicazione gratuita più scaricata negli Stati Uniti.
L’incontro tra oriente e occidente su questa app ha aperto un inaspettato, goffo e sincero dialogo tra utenti oltremare.
Ma perché proprio RedNote? Alcuni lo hanno fatto in segno di protesta, non potendo più utilizzare TikTok sono volutamente andati a cercare un’altra applicazione cinese. Altri per evitare di utilizzare Instagram o Meta, come ha detto un utente in un video: “Preferirei continuare a guardare una lingua che non riesco a capire piuttosto che usare una piattaforma di social media di proprietà di Mark Zuckerberg”.
Non era mai successo prima che l’occidente entrasse in contatto con l’internet cinese, questo un po’ perché la sfera digitale cinese è separata dal resto del mondo, un po’ per le difficoltà e differenze linguistiche. La stessa TikTok aveva una versione “occidentale” che la differenziava dall’app disponibile in Cina, ovvero Douyin. L’incursione dei TikTok refugees – così si sono definiti i nuovi utenti americani su RedNote – ha improvvisamente aperto un dialogo culturale tra persone comuni che dagli USA si sono trovate ad interfacciarsi con gli utenti cinesi, non abituati a vedere così tanti contenuti postati da degli stranieri.
Ma facciamo ordine: che tipo di social è RedNote? Come la maggior parte delle applicazioni cinesi, RedNote ha tantissime funzionalità: è Instagram, Pinterest, TripAdvisor e Amazon messe insieme, ed è inoltre molto utilizzata come motore di ricerca. E’ un social sfruttato moltissimo anche dagli expat cinesi per dare o cercare consigli di lifestyle (come spiega la giornalista Lucrezia Goldin in questa intervista). Inizialmente nata come applicazione per indirizzare i consumatori cinesi agli acquisti all’estero, è ad oggi il social più popolare in Cina anche grazie ad un potentissimo algoritmo che permette, in particolar modo ai nuovi utenti, di raggiungere un vasto pubblico e nuovi followers con il minimo sforzo.
L’incontro tra oriente e occidente su questa app ha aperto un inaspettato, goffo e sincero dialogo tra utenti oltremare.
I TikTok refugees si sono quindi trovati ad interfacciarsi con i codici del linguaggio web cinese, fatto di meme ironici, mentre gli utenti cinesi hanno iniziato a dare consigli su come utilizzare al meglio RedNote, scherzando di essere delle spie che vogliono rubare i dati e chiedendo ai nuovi arrivati di pagare una “pet tax”, ovvero di postare foto di animali per continuare ad utilizzare l’app.
Molti utenti statunitensi si sono anche resi conto della pesante censura dei contenuti, tipica dei social cinesi, portando in molti ad interrogarsi sulle linee guida dell’app, che sono molto spesso arbitrarie. I veterani di RedNote, con un certo senso di smarrimento, hanno quindi accolto le loro controparti americane scambiando con loro opinioni su argomenti come il cibo e la disoccupazione giovanile. Di tanto in tanto, però, gli americani si sono anche spinti in argomenti più delicati: “Posso chiedere in che modo le leggi sono diverse in Cina rispetto a Hong Kong?”, ha ad esempio chiesto un utente americano. “Preferiamo non parlarne qui”, la risposta di un utente cinese.
Una cosa è certa, anche RedNote non si aspettava tutta questa improvvisa popolarità internazionale, ma l’hype è destinato a durare? L’azienda è desiderosa di sfruttare questa ondata di attenzione; sono infatti da poco comparse su Instagram alcune sponsorizzazioni in inglese per scaricare l’app. RedNote al momento mantiene una sola versione della sua applicazione, invece di dividerla, come nel caso di TikTok, in applicazioni nazionali e straniere – una rarità tra le app cinesi che sono soggette alle regole di moderazione nazionali.
Questo potrebbe segnalare l’inizio di una nuova globalizzazione, diversa da quella che fino ad oggi è stata guidata da capitale, tecnologia e merci, ma più vicina alla vita delle persone comuni.
Camilla Fatticcioni
Studiosa di Cina e fotografa. Dopo la laurea in lingua Cinese all’università Ca’ Foscari di Venezia, Camilla ha vissuto in Cina dal 2016 al 2020. Nel 2017 inizia un master in Storia dell’Arte alla China Academy of Art di Hangzhou interessandosi di archeologia e laureandosi nel 2021 con una tesi sull’iconografia Buddista delle grotte di Mogao a Dunhuang. Combinando la sua passione per l’arte e la fotografia con lo studio della società contemporanea Cinese, Camilla collabora con alcune riviste e cura per China Files la rubrica Chinoiserie.