NET ECOLOGY
Meme characters e crisi ecologica: l’arte (nell’era della complessità globale) secondo Clusterduck
di Laura Cocciolillo
Viviamo in un’epoca definita dalla complessità, in cui le crisi non emergono più come eventi isolati, ma si intrecciano, si amplificano e si alimentano reciprocamente, dando vita a ciò che il pensatore Edgar Morin ha definito “policrisi”. Questo termine non è solo una lente attraverso cui osservare il mondo, ma una chiave interpretativa per comprendere le dinamiche globali che modellano il nostro tempo. Nell’arte contemporanea, la policrisi non è un concetto distante, ma un sottofondo inquieto che plasma narrazioni, materiali e forme; è il riflesso di un sistema in bilico, dove il cambiamento climatico, le tensioni geopolitiche, le disuguaglianze sociali e le rivoluzioni tecnologiche si intrecciano, generando un panorama carico di incertezze (e di possibilità).
Gli artisti, come sismografi del presente, assorbono queste vibrazioni multiple e le trasformano in opere che interrogano la nostra condizione. La policrisi, con la sua natura stratificata e sfuggente, diventa così non solo un tema, ma una metodologia: una pratica di pensiero e di creazione che invita a esplorare la complessità senza ridurla, a scoprire connessioni inaspettate, a navigare il caos senza cedere alla semplificazione. Il collettivo Clusterduck affronta questo concetto attraverso un linguaggio che combina arte digitale, meme e riflessione collettiva. Un approccio che non è solo estetico, ma si propone di decifrare la complessità del presente e costruire strumenti critici per interpretarlo: in questo contesto, quello dell’ecologia “è un tema con cui ci siamo confrontati spesso, perché è inevitabile se sei una persona che si preoccupa del proprio futuro e di quello che stiamo facendo”, spiega il collettivo a The Bunker.
Già con #MEMEPROPAGANDA, Clusterduck aveva esplorato le potenzialità comunicative dei meme, portando avanti una riflessione che ha trovato il suo apice in Memers For Future. Sviluppato nel 2020, il progetto si concentra sull’uso dei meme all’interno dei movimenti per la giustizia climatica, come Fridays For Future. “I meme venivano portati fuori dal mondo digitale e usati nel mondo reale come poster alle manifestazioni, per poi tornare nel digitale,” raccontano, sottolineando una dinamica che rompe le barriere tra i due mondi. In questa pratica, il linguaggio memetico emerge come un codice naturale per la Gen Z: “Non è che pensavano di fare qualcosa di particolare. Semplicemente usi qualcosa di riconoscibile, che ha una circolazione veloce, e quindi ricorri ai meme”.
Il collettivo osserva con interesse come, negli ultimi anni, i meme siano diventati strumenti sempre più strutturati nell’ambito della propaganda e della sensibilizzazione. “Ci sono profili che cercano di fare una propaganda molto mirata sull’awareness legata a queste tematiche ecologiche. Alcuni lo fanno in modo efficace, altri hanno quel classico problema dei meme di sinistra: sono molto verbosi, con wall of text”. In ogni caso, Clusterduck vede nei meme una risorsa fondamentale per costruire narrazioni collettive e affrontare questioni complesse come la crisi climatica e l’impatto delle tecnologie digitali.
Le opere del collettivo si configurano come mappe simboliche che collegano diverse crisi e sentimenti.
Deep Fried Feel: emozioni digitali e crisi globali
Con il loro progetto più recente, Deep Fried Feel, Clusterduck approfondisce il tema della comunicazione digitale come specchio delle emozioni e dei conflitti globali. “Parla di come i sentimenti vengono fritti online”, spiegano, evocando il processo di data loss che caratterizza la comunicazione digitale. Questa frammentazione, che si manifesta nella perdita progressiva di informazioni attraverso ripetute condivisioni, diventa una metafora potente per la difficoltà di comunicare sentimenti complessi in un contesto mediato dalla tecnologia. Le opere del collettivo si configurano come mappe simboliche che collegano diverse crisi e sentimenti. “Ci siamo ritrovati a voler parlare di sette crisi, ma anche di sette sentimenti collegati a queste crisi”, affermano, facendo riferimento al concetto di Adam Tooze sulla necessità di mappare le interconnessioni delle crisi globali. Attraverso quadri ricchi di dettagli e simboli nascosti, Clusterduck cerca di rappresentare la complessità del nostro tempo, fornendo chiavi di lettura che guidino lo spettatore in un processo di decodifica. “Spesso le persone hanno bisogno di una mappatura, di una spiegazione. Nel libro che uscirà con Nero [Deep Fried Feels, 2024, ndr.] ci sono riflessioni collettive che spiegano i sette simboli o meme characters.”
Meme characters: archetipi del presente
I meme characters assumono un ruolo centrale nell’opera di Clusterduck, non solo come espressione di un linguaggio condiviso, ma come risorsa emotiva e totemica. “I meme characters sono una risposta della comunità di internet alla necessità di aggiungere l’elemento emotivo ai dialoghi che avvengono online”, spiegano, sottolineando il loro valore nel superare le difficoltà della comunicazione mediata. Nati attraverso la sedimentazione di significati collettivi, questi personaggi rappresentano una sorta di inconscio collettivo digitale, in cui le emozioni si fanno carne attraverso il linguaggio visivo.
Un esempio emblematico è Pepe the Frog, una figura archetipica che Clusterduck rifiuta di relegare a simbolo d’odio. “Pepe è il trickster, un archetipo antichissimo, che può essere positivo o estremamente negativo”. Per il collettivo, riappropriarsi di queste figure significa rivendicarne il potenziale positivo, trasformandole in strumenti di empatia. “Se li abbandoni a sé stessi, diventano simboli di odio. Pensiamo sia importante confrontarsi con questi character per creare empatia, necessaria per affrontare le crisi.”
Questa riflessione si lega alla fragilità della conoscenza digitale: “C’è poca consapevolezza di quante pagine web vengono perse ogni anno, di quanto sia fragile questa conoscenza”. I meme characters, in questo senso, si configurano come totem moderni che cercano di salvaguardare un’identità collettiva in un contesto di perdita progressiva di informazioni.
Arte e crisi climatica: una narrazione condivisa
In ogni caso, “la crisi climatica, forse la più grande che dobbiamo affrontare, evoca sentimenti difficili da elaborare”, ammettono, evidenziando la sfida di tradurre questa complessità in un linguaggio visivo. Per il collettivo, la comunicazione è la chiave per affrontare queste sfide. “Qual è la cosa che effettivamente ci fa ancora collaborare come esseri umani? Sicuramente la comunicazione. E quindi il collegamento è stato questo: in una situazione in cui la comunicazione ‘non-mediata’ ci è resa impossibile, come si ritorna a una situazione in cui riusciamo a esprimerci, a comprenderci e a risolvere insieme le crisi?”.
Questa domanda guida l’opera di Clusterduck, che si propone di costruire una narrazione condivisa capace di unire riflessione teorica e azione pratica. Attraverso Deep Fried Feel e i loro progetti precedenti, il collettivo dimostra che l’arte può essere più di una rappresentazione estetica: è uno spazio per connettere idee, emozioni e azioni collettive. Le loro opere, dense di riferimenti e stratificazioni, offrono strumenti per navigare la complessità del nostro tempo, spingendoci a immaginare soluzioni condivise e a costruire connessioni empatiche.
Laura Cocciolillo
È una storica dell’arte specializzata in arte e nuove tecnologie e in estetica dei nuovi media. Dal 2019 collabora con Artribune (di cui attualmente si occupa dei contenuti di nuovi media). Nel 2020 fonda Chiasmo Magazine, rivista indipendente e autofinanziata di Arte Contemporanea. Dal 2023 è web editor per Sky Arte, e dallo stesso anno si prende cura, per art-frame, della rubrica “New Media”, dedicata all’arte digitale.