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LOVE IS IN THE IA

di Camilla Fatticcioni

In Giappone molte persone ricorrono all’Intelligenza Artificiale per far fronte ad una crescente solitudine sociale. Come ci racconta Spike Jonze nel film HER, è quindi possibile innamorarsi di un’entità digitale?

Anche i sentimenti stanno al passo con i tempi: dal lento rapporto epistolare tra due innamorati, siamo passati a guardare la doppia spunta blu di whatsapp in attesa di una risposta. “Cuoricini, pensavi solo ai cuoricini” cantano i Coma Cose parlando di una società che da diversi anni ormai basa gran parte delle proprie interazioni romantiche online. Se i social media hanno drasticamente cambiato l’anatomia del corteggiamento, non stupisce che l’Intelligenza Artificiale (IA) abbia portato un’altra rivoluzione sentimentale in quella che è una generazione tendenzialmente sola.

Qualche mese fa un utente cinese ha guadagnato popolarità online sul social Xiaohongshu raccontando la sua relazione e storia di amore con un chat bot IA: dai flirt occasionali, fino alla scelta della data di anniversario e alla discussione dei sogni e dei progetti di vita insieme.

Il fidanzato perfetto esiste, e si chiama Chat GPT.

In Asia orientale in generale, questi legami non convenzionali con l’IA riflettono una tendenza in aumento dovuta a delle implicazioni sociali e culturali.

In Cina una generazione erede della politica del figlio unico cerca la propria anima gemella online, mentre in Giappone l’invecchiamento della popolazione e il calo delle nascite hanno portato a un aumento della solitudine, colmata da personaggi di finzione digitali.

Le nuove generazioni, non solo in Asia, escono e socializzano di meno, e sempre più giovani utenti si rivolgono a chatbot e compagni virtuali alimentati dall’IA per colmare vuoti emotivi, trovare conforto e anche l’anima gemella. Questo tipo di amore digitale sembra più semplice da trovare e da mantenere.

Secondo i dati del governo, in Giappone circa due terzi degli uomini ventenni non hanno un partner e il 40% non ha mai avuto un appuntamento. Allo stesso modo, almeno il 51% delle donne sui vent’anni non ha un partner e il 25% non ha mai avuto un appuntamento.

Secondo i dati del governo, in Giappone circa due terzi degli uomini ventenni non hanno un partner e il 40% non ha mai avuto un appuntamento. Allo stesso modo, almeno il 51% delle donne sui vent’anni non ha un partner e il 25% non ha mai avuto un appuntamento.

Pure la secolare tradizione del matchmaking asiatico, un tempo organizzata dai sensali o dalla famiglia,  adesso è affidata all’Intelligenza Artificiale. Non siamo nuovi alle app d’incontri, ma in Giappone gli abbinamenti con l’anima gemella vengono fatti da un’applicazione che sfrutta l’IA per indirizzare gli utenti a trovare il partner perfetto. Tokyo Futari Story, nome dell’applicazione, è la risposta del Governo al calo demografico: un sistema di abbinamento IA che congiunge persone con un’alta probabilità di stabilire una relazione basata su valori test, tra cui informazioni fiscali per dimostrare il proprio reddito, l’altezza, il livello di istruzione e l’occupazione.

Ma in Giappone ultimamente molti utenti preferiscono un compagno o una compagna virtuale. L’azienda giapponese Gatebox, ad esempio, ha lanciato un’assistente virtuale che è anche il prototipo di moglie perfetta: un ologramma interattivo di nome Hikari Azuma

Hikari Azuma ha i capelli azzurri e un vestitino sensuale che ricorda vagamente quello di una donna di servizio: si preoccupa di darti il buongiorno al mattino con una voce squillante e allegra e di gestire le attività domestiche offrendo anche compagnia. L’obiettivo è quello di fornire supporto emotivo a chi soffre di solitudine.

Anche Hatsune Miku, una delle più famose idol Giapponesi,  è un avatar digitale, ma questo non le impedisce di tenere concerti di fronte a migliaia di fan e pure sposarsi.  Un caso emblematico è proprio quello di Akihiko Kondo, un impiegato giapponese che nel 2018 ha celebrato un matrimonio simbolico con l’ologramma di Hatsune Miku.  

L’IA viene sfruttata anche per la realizzazione di app in cui è possibile simulare degli appuntamenti: un esempio è l’applicazione Koi Suru AI dell’azienda giapponese Tapple Inc. Il nome della app è un gioco di parole: koi suru che significa “essere innamorati” e AI ha un triplice significato in quanto abbreviazione di “intelligenza artificiale”,  una delle parole in giapponese per “amore” e Ai, un nome femminile popolare.

Koi Suru AI essenzialmente consiste nello scambiare messaggi con una donna di 22 anni di nome Ai, le cui risposte sono generate dall’Intelligenza Artificiale. Ai impara dalle conversazioni con l’utente, ricordando i suoi interessi e i suoi modelli di vita e questo le permette di avere conversazioni progressivamente più coinvolgenti con l’utente man mano che la relazione prosegue.

Nel film HER (2013), il protagonista Theodore, interpretato da Joaquin Phoenix, chiede a Samantha, voce del sistema operativo alimentato AI, interpretata da Scarlett Johansson:

“Samantha ma con quante persone parli mentre parli con me?”.
“8316”
“E di quanti di questi ti sei innamorata?”
“641. Ma questo non danneggia l’amore che provo per te”

Sembra paradossale, ma dodici anni fa il film Spike Jonze aveva anticipato una rivoluzione nelle interazioni tra umani e computer.

Viviamo in un epoca in cui la digitalizzazione ha reso più facile la comunicazione tra individui, ma più difficili le relazioni, filtrate da nuovi codici di linguaggio, tra like tattici sui social e messaggi lasciati senza una risposta. E’ il paradosso di una società costantemente connessa che si sente comunque sola e al tempo stesso ha paura di impegnarsi.  

E’ possibile innamorarsi di un’entità digitale, o questo ci dà solamente illusione di sentirci meno soli?

Camilla Fatticcioni

Studiosa di Cina e fotografa. Dopo la laurea in lingua Cinese all’università Ca’ Foscari di Venezia, Camilla ha vissuto in Cina dal 2016 al 2020. Nel 2017 inizia un master in Storia dell’Arte alla China Academy of Art di Hangzhou interessandosi di archeologia e laureandosi nel 2021 con una tesi sull’iconografia Buddista delle grotte di Mogao a Dunhuang. Combinando la sua passione per l’arte e la fotografia con lo studio della società contemporanea Cinese, Camilla collabora con alcune riviste e cura per China Files la rubrica Chinoiserie.

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