La luce come linguaggio universale: l’arte di Federica Di Carlo approda alle Piramidi di Giza
di Alessandro Mancini
Federica Di Carlo, artista già affermata nel panorama italiano e internazionale, torna a stupire con un’opera ambiziosa e visionaria che troverà spazio nel suggestivo sito patrimonio UNESCO della Piana di Giza, tra le iconiche piramidi di Cheope, Chefren e Micerino.
In occasione della quarta edizione di Forever Is Now, la mostra internazionale di arte contemporanea che si terrà dal 24 ottobre al 16 novembre 2024 in Egitto, Di Carlo, unica donna italiana selezionata per l’esposizione, presenterà I See, I See: un’installazione site-specific monumentale che combina scienza, mito e fenomenologia, offrendo ai visitatori un nuovo modo di vedere e comprendere il mondo attraverso la lente della fisica ottica.
L’opera I See, I See si ispira alla simbologia dell’occhio, richiamando la mitologia egizia secondo cui l’umanità sarebbe nata dalle lacrime dell’occhio del Dio Sole. Di Carlo utilizza questo mito come punto di partenza per sviluppare un dispositivo ottico che trasforma l’esperienza visiva dello spettatore, creando una nuova prospettiva sul paesaggio delle Piramidi. L’installazione ambientale, che si estende per 2 metri in altezza e 7 metri e mezzo in larghezza, si presenta come un gigantesco occhio, con una ‘pupilla’ composta da circa 2000 lenti ottiche che riflettono il paesaggio circostante, in particolare le piramidi e la luce del deserto, in una continua metamorfosi visiva. L’opera “sfida i confini della percezione tradizionale – spiega Di Carlo – e la scelta di collocarla davanti alle piramidi è stata particolarmente rischiosa ma anche stimolante. Passando davanti a I See, I See – continua – lo spettatore interagisce con il paesaggio in modo completamente nuovo e può ammirare l’effetto sorprendente delle lenti che riflettono le piramidi migliaia di volte, in una danza di luce che varia con il passaggio del sole, soprattutto nel momento dell’alba e del tramonto. “A seconda dell’altezza del sole si potranno vedere fino a duemila soli riflessi in una singola lente”, ha dichiarato, evidenziando come l’interazione con la luce e con gli elementi naturali sia centrale nella sua ricerca artistica.
Lo stesso titolo dell’opera (che in realtà è parte di una serie), I See, I See, è un gioco di parole (dall’inglese, “Io vedo”, ma anche “Capisco”) che rimanda all’importanza dell’osservazione come fonte di conoscenza. “La vista è un senso espanso che abbiamo sopito – spiega Di Carlo – per questo con le mie installazioni ambientali offro ai visitatori la possibilità di vivere un’esperienza, quindi a usare i loro sensi, in primis l’occhio, che è il primo strumento che abbiamo sviluppato in assoluto e che ci ha permesso di guardare, scoprire e fare qualsiasi cosa”. Attraverso il suo lavoro, l’artista mira infatti a risvegliare questo senso fondamentale, invitando gli spettatori a guardare il mondo con occhi nuovi e a scoprire, tramite la luce e le lenti, connessioni che spesso sfuggono alla percezione ordinaria. L’approccio di Federica Di Carlo all’arte si basa su un dialogo continuo tra diverse discipline: la fisica, la scienza, la mitologia e l’arte. Fin da giovane, l’artista ha mostrato una forte passione per la fisica, tanto che ha deciso di combinare questa sua curiosità scientifica con il linguaggio dell’arte. “Io mischio sempre scienza, mitologia, natura, essere umano – afferma – e ritengo sbagliato considerare questi mondi separati, poiché tutto è interconnesso. In passato – continua – artisti e scienziati non avevano ruoli ben distinti, pensiamo, per esempio, alla figura di Leonardo da Vinci, che è l’emblema di questa contaminazione. O ancora, alla Royal Academy di Londra, che nasce come accademia delle arti e delle scienze. Questa era sì divisa tra artisti e scienziati, ma i due gruppi si incontravano a pranzo per condividevano idee e contaminarsi. La stessa cosa accade oggi al MIT (Massachusetts Institute of Technology), ad esempio”.
Di Carlo ha frequentato diverse accademie d’arte e ha studiato fisica a Barcellona e, nonostante non abbia completato il percorso accademico, ha continuato a collaborare con scienziati e fisici di istituzioni di fama internazionale come il MIT, l’ESO, l’INAF e il CERN, integrando le sue conoscenze scientifiche nelle sue opere.
“Sono fortunata perché, essendo cresciuta in mezzo agli scienziati, ho potuto assistere con i miei occhi agli esperimenti e al loro lavoro”, dichiara, ricordando come questa immersione nel sapere scientifico abbia influenzato profondamente la sua arte. Un esempio emblematico è stato il suo soggiorno presso l’Osservatorio Astrofisico delle Canarie, presso l’isola della Palma, dove ha trascorso un periodo vivendo e lavorando all’interno di un telescopio per un progetto curato dall’Italian Council. “Dormivo e addirittura mangiavo al suo interno”, racconta, descrivendo questa esperienza come un momento unico di connessione tra tecnologia, scienza e natura.
La connessione tra arte e scienza è un tema ricorrente nella carriera di Di Carlo, che ha sempre cercato di mettere in discussione i limiti e le potenzialità della tecnologia. “Esistono dei limiti, anche se oggi sono sempre meno visibili – afferma – la tecnologia non può fare qualsiasi cosa, mentre l’arte può offrire una visione più profonda di questioni complesse, intrecciando la dimensione emotiva e sensoriale con la riflessione concettuale”. Per Di Carlo, infatti, l’arte non è solo un mezzo per esplorare il mondo visibile ma anche per raccontare fenomeni fisici complessi, come la morte e la rinascita di una stella, attraverso un linguaggio poetico che coinvolge i sensi.
l’arte non è solo un mezzo per esplorare il mondo visibile ma anche per raccontare fenomeni fisici complessi, come la morte e la rinascita di una stella, attraverso un linguaggio poetico che coinvolge i sensi
I See, I See è un esempio perfetto di questa sintesi, un’opera che non si limita a essere un mero oggetto estetico ma diventa un’esperienza immersiva, in cui gli spettatori sono chiamati a partecipare attivamente con i loro sensi. L’interazione con l’opera non è solo visiva ma anche simbolica, poiché punta a stimolare una riflessione profonda sul nostro rapporto con l’universo e sulla nostra capacità di comprendere il mondo che ci circonda.
La mostra Forever Is Now rappresenta un contesto ideale per la presentazione dell’opera di Di Carlo, grazie alla sua capacità di creare un dialogo tra artisti internazionali e uno dei luoghi più iconici del patrimonio mondiale, la Piana di Giza. Curata da Nadine Abdel Ghaffar, fondatrice di Art D’Égypte, la mostra si propone di valorizzare il ricco patrimonio culturale egiziano, creando ponti tra tradizione e innovazione. La partecipazione di Federica Di Carlo a questo prestigioso evento non solo mette in luce il valore dell’arte contemporanea italiana ma dimostra anche la rilevanza del dialogo tra arte e scienza in un contesto globale. “Quando ho pensato alla mia proposta – racconta – ho dovuto adattarla al luogo e al periodo storico in cui ci troviamo. Ho ideato così un progetto che fosse rispettoso del luogo e della cultura di quel posto. Credo, in fondo, che l’arte possa essere un veicolo per costruire un dialogo tra popoli diversi e per favorire la contaminazione, non solo tra arte e scienza, ma spesso anche tra culture fra identità diverse”.
In un’epoca in cui la tecnologia sembra dominare ogni aspetto della nostra vita, I See, I See ci invita a riscoprire la meraviglia della visione e a guardare il mondo con occhi nuovi, consapevoli del fatto che l’osservazione non è solo un atto passivo, ma una forma di conoscenza attiva e trasformativa.
Alessandro Mancini
Laureato in Editoria e Scrittura all’Università La Sapienza di Roma, è giornalista freelance, content creator e social media manager. Tra il 2018 e il 2020 è stato direttore editoriale della rivista online che ha fondato nel 2016, Artwave.it, specializzata in arte e cultura contemporanea. Scrive e parla soprattutto di arte contemporanea, lavoro, disuguaglianze e diritti sociali.