LA RIVOLUZIONE ALGORITMICA
In difesa della pirateria
di Francesco D'Isa
Uno sguardo critico e filosofico sull’intelligenza artificiale e la sua influenza su società, cultura e arte. La rivoluzione algoritmica si propone di esplorare il ruolo dell’AI come strumento o co-creatore, interrogando i suoi limiti e potenzialità nella trasformazione dei processi conoscitivi ed espressivi.
La parola “copyright” si collega spesso all’idea di proteggere l’autore e il “genio creativo”, come se fosse un prolungamento della sua persona. In realtà, la sua origine è per lo più economica: l’invenzione della stampa a caratteri mobili, a metà Quattrocento, costrinse ben presto i poteri dell’epoca a stabilire regole su chi potesse riprodurre testi e a quali condizioni. Con il tempo, questo meccanismo si è progressivamente irrigidito, allungando la durata dei diritti e ampliandone la portata.
Un esempio clamoroso è il cosiddetto “Mickey Mouse Protection Act” (ufficialmente il Sonny Bono Copyright Term Extension Act del 1998), che negli Stati Uniti ha esteso la tutela delle opere fino a settant’anni dopo la morte dell’autore. In assenza di tale provvedimento, personaggi iconici come Topolino sarebbero entrati nel dominio pubblico, diventando liberamente riutilizzabili. Si tratta di una spia di come, col tempo, il copyright si sia trasformato da incentivo alla creazione artistica a vero e proprio baluardo a difesa di interessi commerciali.
Eppure, la storia mostra che l’assenza di vincoli troppo severi favorisce spesso la circolazione di opere destinate a divenire capisaldi culturali. È il caso di Nosferatu (1922), celebre film muto di Friedrich Wilhelm Murnau, basato in modo non autorizzato sul Dracula di Bram Stoker. Una causa legale ne decretò la distruzione delle pellicole per violazione dei diritti d’autore. Eppure, grazie ad alcune copie diffuse al di fuori dei circuiti “ufficiali”, Nosferatu fu salvato dal rogo, entrando poi nella storia del cinema. Anche lo stesso Dracula di Stoker deve parte della sua fama a un vuoto burocratico che ne impedì la protezione negli Stati Uniti, garantendone la rapida diffusione.
Da Napster, la rivoluzionaria piattaforma di file-sharing per la musica digitale, a Sci-Hub, l’archivio che offre gratuitamente articoli accademici, la cosiddetta “pirateria” è più di una semplice violazione della legge: è spesso una forma di disobbedienza civile. Chi ne fa uso sostiene che prorogare il copyright ben oltre la morte degli autori blocchi la libera circolazione di idee e conoscenze, danneggi l’innovazione e penalizzi chi non può permettersi costosi abbonamenti o acquisti. Se è sacrosanto che un autore riceva un compenso, occorre anche chiedersi dove finisca la giusta remunerazione e cominci un’eccessiva restrizione dell’accesso alla cultura.
Un dato rimane: la creatività nasce quasi sempre da processi collettivi, intrecci di ispirazioni, scambi e reinterpretazioni. Shakespeare “rubava” trame e spunti da cronache e testi più antichi; musicisti di ogni epoca hanno fatto proprio il repertorio dei predecessori, reinventandolo. Questa dimensione di continua rielaborazione rende difficile tracciare un confine netto tra “originale” e “derivato”, soprattutto in un’epoca in cui le tecnologie digitali rendono istantaneo copiare, remixare e diffondere opere di ogni genere.
Considerare il copyright nella sua funzione originaria – un meccanismo pensato per dare agli autori il giusto riconoscimento economico, senza impedire lo scorrere libero delle idee – potrebbe aiutare a ridimensionare le tensioni che si creano attorno alla “pirateria”. Invece di essere un muro invalicabile, il diritto d’autore può tornare a essere un ponte, capace di bilanciare equamente la remunerazione di chi crea e la necessità di far circolare la conoscenza, a beneficio di tutta la collettività.
Francesco D’Isa
Francesco D’Isa, di formazione filosofo e artista digitale, ha esposto internazionalmente in gallerie e centri d’arte contemporanea. Dopo l’esordio con la graphic novel I. (Nottetempo, 2011), ha pubblicato saggi e romanzi per Hoepli, effequ, Tunué e Newton Compton. Il suo ultimo romanzo è La Stanza di Therese (Tunué, 2017), mentre per Edizioni Tlon è uscito il suo saggio filosofico L’assurda evidenza (2022). Le sue ultime pubblicazionio sono la graphic novel Sunyata per Eris edizioni (2023) e il saggio La rivoluzione algoritmica delle immagini per Sossella editore (2024). Direttore editoriale della rivista culturale L’Indiscreto, scrive e disegna per varie riviste, italiane ed estere. È docente di Filosofia presso l’istituto Lorenzo de’ Medici (Firenze) e di Illustrazione e Tecniche plastiche contemporanee presso LABA (Brescia).