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Il futuro digitale del patrimonio culturale in Cina

di Camilla Fatticcioni

Immagina di poter viaggiare nel tempo e di visitare le antiche grotte buddiste di Mogao a Dunhuang all’epoca del loro splendore, percorrendo assieme a mercanti e pellegrini la Via della Seta raccontata ne Il Milione di Marco Polo.  Da tempo questo non più è fantascienza.

La visita alle grotte di Mogao, uno dei siti buddisti più importanti in Cina, inizia con un’esperienza video immersiva che porta i visitatori al tempo dei grandi commerci lungo la Via della Seta, secoli in cui l’oasi di Dunhuang nella regione del Gansu era un crocevia di culture e merci provenienti dall’Asia Centrale.

In Cina è impossibile pensare la visita in un museo o sito archeologico senza il supporto delle nuove tecnologie digitali: dalle app interattive e di approfondimento a portata di click sul proprio smartphone, a vere e proprie esperienze di realtà virtuale e di realtà aumentata che permettono di riportare in vita personaggi del passato e di ammirare nel loro splendore antiche reliquie culturali ormai perdute. Il veloce processo di digitalizzazione della vita in Cina ha necessariamente influenzato l’approccio dei musei e delle principali istituzioni culturali, ma anche le richieste da parte dei visitatori. Se da un lato le nuove tecnologie servono a migliorare l’esperienza di visita e a facilitare l’apprendimento, dall’altro lato rappresentano una delle principali soluzioni nella preservazione di un patrimonio artistico e archeologico sempre più delicato.

©The Franklin Institute.

Le grotte buddiste di Mogao a Dunhuang sono un esempio di come le risorse digitali siano state essenziali fin dall’inizio nella tutela di un sito costantemente esposto all’erosione portata della sabbia e al cambiamento climatico.  Fin dagli anni ‘90 gli studiosi si sono posti il problema della preservazione digitale delle grotte, collezionando immagini e riprese man mano negli anni in un ampio archivio online: una sorta di “libreria” che consentisse al pubblico di accedere virtualmente alle grotte, anche a quelle solitamente chiuse ai visitatori perché estremamente a rischio.

Un’idea a dir poco innovativa per quegli anni, ma che già preannunciava l’intenzione di implementare una conservazione virtuale del sito archeologico. La riproduzione digitale di alcuni luoghi di patrimonio artistico e culturale è sicuramente una risorsa che arricchisce l’esperienza di visita, ma a volte rappresenta anche una scelta obbligata.

La Pagoda di Porcellana di Nanchino è stata in gran parte distrutta nel XIX secolo durante la guerra dell’Oppio: la torre originale, alta nove piani e ricoperta da piastrelle in smalto colorato, oggi può essere vista di nuovo nel suo splendore in un video ad alta definizione grazie all’aiuto di un progetto di digitalizzazione.

Oltre alla ricreazione digitale della Pagoda, la tecnologia virtuale è stata introdotta anche per generare uno spazio nel metaverso al Museo delle Rovine del Grande Tempio di Bao’en a Nanchino, attraverso il quale i visitatori possono esplorare la Pagoda di Porcellana restaurata digitalmente. In un universo digitale dove non ci sono limiti al restauro o alla ricostruzione di edifici, la realtà aumentata arriva ad aggiungere quello che l’erosione del tempo ha tolto: le tecnologie di imaging 3D hanno permesso agli esperti di creare surrogati digitali altamente precisi di manufatti fragili e frammentati, per evitare di danneggiare gli oggetti originali.

In un universo digitale dove non ci sono limiti al restauro o alla ricostruzione di edifici, la realtà aumentata arriva ad aggiungere quello che l’erosione del tempo ha tolto

Ciò è stato ad esempio particolarmente importante per la conservazione e lo studio dell’Esercito di Terracotta al Museo del Mausoleo dell’Imperatore Qin Shi Huang a Xi’An, poichè le reliquie di terracotta sono talmente delicate da potersi sgretolare con l’esposizione all’aria e alla luce. La realtà aumentata invece è arrivata in soccorso per mostrare ai visitatori le armi che rifinivano de dettagliate armature dei soldati, tutte ormai andate distrutte: durante la mostra Enhancing Views of History: Terracotta Warriors and Augmented Reality  al Franklin Institute di Philadelphia (2017) i visitatori potevano vedere attraverso i loro cellulari l’aspetto originale di questi figure secolari.

Il patrimonio digitale cinese è cresciuto di pari passo con l’aumento dello sviluppo di piattaforme accessibili online, in particolare durante il lockdown, come modo per superare le chiusure pandemiche: mostre visitabili dal proprio computer e souvenir digitali in forma di NFTs sono stati la nuova frontiera esplorata durante la pandemia. Se da un lato c’è chi ritiene che questo approccio digitale sia un modo più accessibile e democratico di conoscere determinati patrimoni artistici e culturali, dall’altro c’è chi lo ritiene “fasullo” o un’esperienza di minore importanza e impatto rispetto a poter vedere “dal vivo” determinate opere o siti archeologici. Con l’impatto significativo che il turismo di massa sta portando, poter immaginare di viaggiare e conoscere virtualmente la storia di alcuni siti a rischio sembra distopico, anche se sicuramente più sostenibile.

Camilla Fatticcioni

Studiosa di Cina e fotografa. Dopo la laurea in lingua Cinese all’università Ca’ Foscari di Venezia, Camilla ha vissuto in Cina dal 2016 al 2020. Nel 2017 inizia un master in Storia dell’Arte alla China Academy of Art di Hangzhou interessandosi di archeologia e laureandosi nel 2021 con una tesi sull’iconografia Buddista delle grotte di Mogao a Dunhuang. Combinando la sua passione per l’arte e la fotografia con lo studio della società contemporanea Cinese, Camilla collabora con alcune riviste e cura per China Files la rubrica Chinoiserie.