Scroll Top

Gli idoli K-pop che non esistono

di Camilla Fatticcioni

L’industria musicale sudcoreana sperimenta da anni l’intelligenza artificiale per la creazione di K-idol virtuali: stiamo assistendo ad un graduale cambiamento dell’industria, oppure ad un flop che non avrà molto seguito in futuro?

Troppo belli per essere veri. È capitata almeno una volta a tutti di avere un’ossessione per cantanti o gruppi musicali, sognando magari di poterli incontrare una volta dal vivo. In Corea però i fan di alcune star del K-pop non possono aspirare ad incontrare i loro idoli perché non esistono veramente. L’industria musicale sudcoreana sta sperimentando ormai da anni nuove band composte da personaggi virtuali alimentati dall’intelligenza artificiale.

Eternity members.

L’esistenza di band composte da personaggi virtuali non è comunque esattamente una novità: in Giappone è un fenomeno che esiste, in una forma o in un’altra, da oltre vent’anni e nella categoria rientrano anche i Gorillaz, il famoso gruppo musicale britannico costituito da quattro personaggi animati 2D.  In Corea però questi idoli non sono cartoni animati: hanno le sembianze e le attitudini da star in carne ed ossa.  Il gruppo pop sudcoreano Eternity ha una storia simile a molte altre bande K-pop: debutto online con il primo singolo “I am Real” e la viralità raggiunta in breve tempo. Le undici componenti del gruppo così iniziano ad apparire in campagne pubblicitarie, rilasciano interviste radiofoniche e condividono sui propri profili social video in cui ballano, cantano e fanno skateboard.

Tutto regolare, ma c’è un unico aspetto che distingue le Eternity dalla maggior parte delle band musicali: esistono solamente online. Sono personaggi virtuali incredibilmente realistici alimentati da una tecnologia avanzata che riproduce in modo straordinariamente fedele i movimenti del viso e del corpo umano.  L’utilizzo di queste tecnologie per la creazione di personaggi digitali umanoidi non si limita al mondo della musica, anche una delle influencers più celebri in Corea, Rozy, non esiste al di là dello schermo.

Sono personaggi virtuali incredibilmente realistici alimentati da una tecnologia avanzata che riproduce in modo straordinariamente fedele i movimenti del viso e del corpo umano.

Perché la Corea del Sud sta investendo molto nelle star digitali? Dopo la pandemia, sempre più persone hanno iniziato ad assistere a concerti online anziché dal vivo. Inoltre, l’obiettivo è  quello di sviluppare modalità innovative per consentire ai fan di interagire con i propri idoli. Un altro motivo è invece legato almeno in parte a  ridurre le aspettative e il carico di lavoro che gravano sui cantanti in carne e ossa, considerando che l’industria del K-pop è nota per la forte pressione esercitata sia dai fan che dal sistema stesso sugli artisti.

Ma chi sta dietro ai gruppi come le Eternity? Pulse9 è il nome dell’azienda di Intelligenza Artificiale specializzata nella realizzazione di Deep Real AI. Il motto dell’azienda è More than real, more than virtual (Più che reale, più che virtuale): guardando ai membri del gruppo Eternity è veramente difficile capire se sono reali o meno.  L’aspetto, i movimenti e le espressioni di questi personaggi sono controllati da persone reali. Tuttavia, l’identità di chi sta dietro a queste persone resta sconosciuta. Il vantaggio degli astisti virtuali è che possono superare i limiti fisici, e a differenza di alcune stelle del K-pop, non hanno problemi legati allo stress o alla stanchezza.

Secondo Jieun Park, amministratrice delegata di Pulse9, l’obiettivo a lungo termine dell’azienda è quello di offrire a chiunque la possibilità di lavorare nell’industria dell’intrattenimento creando un avatar digitale. Questo approccio è una soluzione alle enormi pressioni esercitate sugli K-idol in carne ed ossa, spesso obbligati a restare single o a non fare coming out sul loro orientamento sessuale per non deludere i fan. Sempre disponibili per eventi e concerti, e costretti a seguire diete estreme o a ricorrere alla chirurgia plastica per aderire a standard di bellezza irraggiungibili. La prospettiva di poter coltivare il proprio talento senza subire uno stile di vita così estenuante potrebbe attirare molta attenzione. L’idea dietro gli idoli della musica K-pop è da sempre irrealistica. Il gruppo K-pop Aespa, già conosciuto nell’industria musicale coreana, si è affidato alle nuove tecnologie per ampliarsi: oggi è composto da 4 membri in carne ed ossa e 4 avatar, che spesso si esibiscono tutti insieme su piattaforme digitali.  Questo però permette ai componenti umani di avere più tempo libero, delegando ai membri virtuali gli incontri online con i fan.

 Ma come fa un’entità digitale a farsi amare come se fosse reale, per vendere dischi e biglietti ai propri concerti virtuali? A quali conseguenze può portare l’affezionarsi a degli avatar digitali? Il celebre film di Spike Jones “Lei” (2013) aveva ampiamente anticipato la questione. Su Netflix negli ultimi anni sono uscite diverse serie che esplorano l’amore romantico tra umani ed intelligenza artificiale, molte di queste sono proprio coreane come nel caso di “My Holo Love”.  Questi in fondo sono amori impossibili tanto quanto quelli tra fan comuni mortali e rock-star famose, anche se resta comunque la possibilità di poter vedere il proprio idolo dal vivo in concerto e sperare in quel lieto fine da commedia romantica come nel film “The idea of you” con Anne Hathaway. Con un avatar digitale tutto inizia e finisce dietro uno schermo.

In futuro quindi vedremo sempre più concerti fatti da degli ologrammi, come hanno fanno anche i Gorillaz in passato? Forse stiamo assistendo ad un graduale cambiamento dell’industria musicale, oppure ad un flop che non avrà molto seguito in futuro?

Camilla Fatticcioni

Studiosa di Cina e fotografa. Dopo la laurea in lingua Cinese all’università Ca’ Foscari di Venezia, Camilla ha vissuto in Cina dal 2016 al 2020. Nel 2017 inizia un master in Storia dell’Arte alla China Academy of Art di Hangzhou interessandosi di archeologia e laureandosi nel 2021 con una tesi sull’iconografia Buddista delle grotte di Mogao a Dunhuang. Combinando la sua passione per l’arte e la fotografia con lo studio della società contemporanea Cinese, Camilla collabora con alcune riviste e cura per China Files la rubrica Chinoiserie.