EKI: un universo di luce
di Gaia Altucci
Eki è un magazine d’arte semestrale, redatto in inglese e in italiano, dedicato a chi ama la luce, la studia o semplicemente la osserva. La rivista ospita artiste e artisti ed esperte ed esperti provenienti da tutto il mondo e il suo scopo è quello di creare uno spazio per condividere e confrontare molteplici modi di approccio alla luce, attraverso tecniche e idee creative diverse. Ciascun numero affronta un tema specifico declinato attraverso la luce: Eki 00, Eki 01 Night Light, Eki 02 Sun Light, Eki 03 Light in Digital, Eki 04 Spiritual Light, mentre il numero in uscita Eki 05 sarà dedicato alla luce erotica.
Da quale esperienza nasce il progetto di rivista Eki?
Noi, Camilla Cattabriga, Claudia Sicuranza ed Eleonora Contessi, ci siamo conosciute studiando direzione della fotografia al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, ed Eki prende vita nel 2020 al termine di questo percorso. La nostra rivista nasce da un’esigenza di approfondimento su quella che è la materia prima del nostro lavoro: la luce. Tutte condividiamo un forte amore per la carta e quindi ci siamo lanciate con gioia nel mondo, per noi nuovo, dell’editoria. È un’esperienza che continua a regalarci tante sorprese e soddisfazioni: grazie ad Eki scopriamo continuamente nuovi modi di concepire e lavorare con la luce.
Uno degli ambiti in cui vengono utilizzati sempre più spesso i processi automatizzati è quello della giustizia penale. Nel libro citi diversi casi di vere e proprie ingiustizie causate da un utilizzo superficiale o volontariamente discriminatorio dell’IA. Ce n’è uno in particolare che ti ha colpito più degli altri? Quale?
Attraverso le pagine di Eki siamo interessate a comprendere cosa spinge emotivamente un’artista o una/un direttore della fotografia a compiere una determinata ricerca costruendo e scoprendo la propria visione artistica. Una/un direttore della fotografia, per esempio, per realizzare l’immagine che ha previsualizzato, deve conoscere tutti gli strumenti tecnici a disposizione e mantenersi sempre al passo con i processi di crescita della tecnologia. La luce offre infinite possibilità emotive e narrative e per poterle sfruttare al meglio è necessario avere un’ottima conoscenza tecnica così da essere veramente liberi di usarla con divertimento e far emergere la propria sensibilità.
Quali sono i progetti e gli artisti che avete trattato all’interno di Eki che vi hanno colpito particolarmente nel modo in cui interagiscono e fruiscono della tecnologia?
Claudia Sicuranza: Personalmente sono rimasta molto colpita dall’intervista che ho avuto il piacere di fare a Nick Verstand, presente tra le pagine di Eki 03 Light in digital. Nick è un artista contemporaneo olandese che esplora la percezione umana attraverso composizioni spaziali audiovisive. La sua passione per la luce e la musica nasce facendo il dj e organizzando eventi di musica elettronica underground e la sua arte prende forma combinando queste fascinazioni: decostruisce l’estetica dell’ambiente dei club in un’installazione artistica o in una performance audiovisiva. Mi ha colpito tantissimo il sistema tecnologico che sta dietro alla sua installazione audiovisiva AURA, del 2017: Un sistema in grado di determinare il nostro stato emotivo in tempo reale utilizzando diversi biosensori (onde cerebrali, frequenza cardiaca e risposta galvanica della pelle) combinati con un software. Tutto ciò dà vita ad una struttura che analizza la risposta emotiva alla musica e la traduce in tempo reale in un cono di luce che circonda i partecipanti.
Camilla Cattabriga: In Eki 03, che affronta il tema della luce nel digitale, la figura che mi ha maggiormente colpita è stata quella di Huan Tran, cinematic lighting artist di Naughty Dog, uno degli sviluppatori di videogiochi di maggior successo al mondo. Da direttrice della fotografia cinematografica mi ha affascinata moltissimo scoprire come possa cambiare il ruolo della luce nei videogiochi, specialmente nelle animazioni in computer grafica pre-renderizzate, o in CGI; e intersecarsi con altre professioni, tutte interconnesse da una profonda conoscenza tecnica e informatica. È proprio per questo motivo che, come ci racconta Huan, i risultati ottenuti in questo ambito sono estremamente connessi con l’evolversi della tecnologia stessa. C’è da stupirsi nello scoprire la cura e lo studio che c’è nel rendere realistici i fili d’erba mossi dal vento, o “il modo in cui le gocce di sputo volano dalla bocca di un personaggio arrabbiato”.
Eleonora Contessi: Mi reputo una persona poco incline all’evoluzione tecnologica e ringrazio Eki issue 03 perché mi ha insegnato tantissimo. Ricordo ancora lo stupore provato leggendo l’intervista di Danielle Feinberg, direttrice della fotografia d’animazione e supervisor VFX alla Pixar. In particolare, Danielle descriveva la sfida tecnica affrontata durante la realizzazione del mondo della Terra dei Morti nel film “Coco” (2017). La scena iniziale di questa ambientazione conteneva 8,5 milioni di luci, molte di più rispetto a quanto fosse mai stato utilizzato in precedenza. La complessità derivava dalla necessità di illuminare vari elementi come ponti, edifici, gondole e altre strutture con numerose fonti di luce. Grazie all’innovazione tecnologica e alla collaborazione di brillanti illuminotecnici, è stato possibile ottenere un risultato visivo straordinario e immersivo, rendendo le scene realistiche e affascinanti. Mentre leggevo, ho sorriso pensando a quanto sarebbe impossibile, come direttrice della fotografia cinematografica, dover posizionare milioni di luci in una scena…
Quali sono le frontiere tecnologiche più significative che avete affrontato? Potreste condividere qualche storia o scoperta con noi?
Claudia Sicuranza: Recentemente mi è capitato di girare delle riprese utilizzando come fondale un Led wall. Era la prima volta che mi ci approcciavo. E’ stato estremamente divertente, sei subito proiettato in un’altra dimensione, ma gestirlo bene significa tenere conto di tutta una serie di aspetti di ottica, fotografia, scienza del colore… Ad esempio è molto importante calcolare la distanza di visione ottimale, ovvero quella distanza che permette di avere una riproduzione uniforme senza distinguere i singoli pixel. Questa e il giusto angolo di visione aiutano anche ad eliminare l’effetto moiré (l’effetto ottico di un motivo indesiderato percepito quando più griglie fini si sovrappongono formando una sorta d’illusione ottica a onde). E’ importante anche curare l’illuminazione in modo da dare tridimensionalità e profondità ma facendo attenzione a non contaminare i neri con la luce che potrebbe rimbalzare sugli schermi.
Camilla Cattabriga: Nel nostro mestiere le innovazioni tecnologiche sono costanti, nuove macchine da presa più performanti come le luci per illuminare i set. Le nuove luci al led, come lo Skypanel X23 che mi è recentemente capitato di utilizzare, permettono di approcciarsi al set in maniera più comoda, raggiungendo ottimi risultati dal punto di vista di qualità della luce e resa cromatica. Se anni fa per cambiare temperatura colore o intensità della luce era necessario arrampicarsi su una scala, oggi è tutto più semplificato, potendo fare qualsiasi variazione da un comando.
Eleonora Contessi: Nel nostro lavoro di direttrici della fotografia, l’accesso alle nuove tecnologie è strettamente legato al budget che una produzione mette a disposizione per il reparto. Di conseguenza, talvolta non è semplice utilizzarle immediatamente dopo l’uscita sul mercato. Questo rende il nostro lavoro più sfidante, poiché non abbiamo sempre le stesse possibilità di sperimentazione tecnologica, ma lo rende anche più dinamico. Negli ultimi anni ho avuto modo di girare diverse volte con la macchina da presa ARRI Large Format, lanciata nel 2018. Dotata di un sensore leggermente più grande del full frame, l’ALEXA LF registra in 4K nativo con una qualità d’immagine superiore. I toni della pelle sono resi in modo delicato e vibrante, mentre nei paesaggi è possibile catturare ogni minimo dettaglio. Queste caratteristiche hanno donato ai progetti immagini immersive e tridimensionali che, per una questione percettiva, avvicinano emotivamente le spettatrici e gli spettatori.