Il corpo disteso lungo le curve morbide di una seduta circolare, gli occhi guardano avanti e poi su e ancora a destra e sinistra, per provare a non perdersi nessuna immagine e nessuna scritta delle animazioni rapide e rumorose che ricoprono il soffitto a cupola del planetario. Si ha la sensazione di familiarità, punzecchiata da un desiderio latente di estraneità, mentre immagini tratte dalla cultura popolare compaiono e scompaiono penetrando l’inconscio, all’interno della prima delle due opere immersive che l’artista Guerreiro do Divino Amor ha realizzato per il padiglione della Svizzera alla sessantesima edizione della Biennale arte di Venezia, curato da Andrea Bellini.