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Cosa è Bluesky, il social network dei fuggitivi di X

di Niccolò Carradori
Redazione THE BUNKER MAGAZINE

Viviamo in un’epoca strana dal punto di vista delle reazioni sociali. Un tempo eventi politici avversi provocavano proteste e manifestazioni di piazza, mentre oggi il dissenso e la delusione politica si sfogano attraverso altri metodi.

Alcuni sono anche molto divertenti: una compagnia di navigazione della Florida ha deciso di offrire a tutti i cittadini americani delusi dalle ultime elezioni presidenziali la possibilità di imbarcarsi in una crociera di quattro anni attorno al mondo, così da “skippare” l’intera presidenza Trump. Niente politiche retrograde, niente dazi, niente QAnon: ti fai un quadriennio di daiquiri a bordo piscina e trenini a ritmo di Conga sul ponte 8, e torni freschissimə per la prossima chiamata alle urne. Il prezzo di partenza è di 40.000 dollari all’anno (però col duty free perenne). Esiste un modo migliore per testimoniare la totale alienazione di una certa parte della società rispetto al mondo reale? Non credo.

Un’altra reazione di avversione politica che comprendo poco, anche se molto meno pittoresca, è la fuga dalle piattaforme social. Come sta avvenendo per molti utenti di X, in risposta all’appoggio politico di Elon Musk a Donald Trump.

Il 13 luglio 2024, Elon Musk ha infatti compiuto l’ennesima mossa controversa della sua carriera, questa volta sul piano politico. Con un post su X, ha ufficializzato il suo appoggio a Donald Trump, avviando un processo che lo avrebbe visto, pochi mesi dopo, entrare nel governo del presidente come leader del Department of Government Efficiency.

 

Questa dichiarazione non è stata priva di conseguenze: una fetta significativa degli utenti di X, già stanchi del suo spostamento verso una visione conservatrice e fortemente influenzata dagli algoritmi favorevoli a Trump, ha deciso di abbandonare la piattaforma. L’esodo si è diretto principalmente verso Bluesky, una piattaforma che, proprio per i suoi principi di decentralizzazione e maggiore controllo, rappresenta un’alternativa culturale e strutturale ai social media tradizionali. 

Nato nel 2019 come progetto sperimentale del creatore di Twitter, Jack Dorsey, Bluesky si è staccato nel 2021 per diventare una società indipendente. Il suo cuore pulsante è il protocollo AT (Authenticated Transfer), un sistema open-source che consente agli utenti di interagire su reti diverse, abbattendo i confini rigidi imposti dalle piattaforme centralizzate come X o Threads.

Ma cos’è che lo rende speciale? È un social network di microblogging, simile a X nella forma, ma con differenze sostanziali nel funzionamento e nella filosofia. Gli utenti possono scegliere come organizzare il proprio feed, passando da un semplice ordine cronologico a criteri più specifici, come vedere solo immagini o post su determinati temi. Questa possibilità di scelta rappresenta una sfida diretta alle ultime derive dei social media, in cui i contenuti sono curati da algoritmi invisibili, spesso più interessati al coinvolgimento che alla qualità o all’affinità dell’esperienza.

La moderazione su Bluesky segue lo stesso principio: c’è un team centrale che si occupa di gestire i contenuti, ma anche strumenti personalizzabili per limitare l’esposizione a materiali sensibili. Questo equilibrio tra controllo centrale e autonomia personale fa di Bluesky un social network che sembra progettato per utenti consapevoli, desiderosi di un maggiore potere decisionale.

Se all’inizio la crescita di Bluesky era stata lenta, la situazione è cambiata dopo le elezioni presidenziali statunitensi. L’ambiente percepito come sempre più tossico su X, unito alla crescente visibilità di Trump e Musk, ha spinto molti utenti a cercare alternative. Durante questo mese Bluesky ha superato i 20 milioni di utenti, mostrando tassi di crescita impressionanti in ogni parte del mondo.

Questo successo è dovuto a diversi fattori: oltre al design pulito e alle funzionalità avanzate, Bluesky beneficia di un senso di novità e di ribellione. Migrare su Bluesky è diventato non solo un gesto tecnico, ma anche politico e culturale, un rifiuto del modello delle Big Tech e delle loro pratiche invasive.

Tuttavia, Bluesky non è ancora privo di rischi. La sua popolarità potrebbe essere un fenomeno passeggero, simile a quanto accaduto ad altri social emergenti come Mastodon o Threads, che hanno visto un boom iniziale per poi stagnare. La questione cruciale è se Bluesky riuscirà a mantenere il coinvolgimento degli utenti, convincendoli a ricostruire le loro reti sociali e a investire tempo in una piattaforma ancora piccola rispetto ai colossi del settore.

La migrazione verso Bluesky però, dal mio modesto punto di vista, ci invita a riflettere su una questione più ampia: perché le nuove generazioni, pur essendo nativi digitali, sembrano incapaci di costruire propri spazi digitali indipendenti? Negli anni Sessanta e Settanta, i giovani creavano luoghi fisici di aggregazione — centri sociali, circoli, piazze di protesta. Erano spazi collettivi, progettati per riflettere una visione del mondo alternativa.

Oggi, i social media dominano la nostra interazione, ma la loro costruzione rimane saldamente nelle mani di grandi aziende, con regole decise dall’alto. Bluesky rappresenta una novità interessante, ma rimane un prodotto di un sistema esistente, non un vero spazio autonomo. La logica rimane sempre la solita: conta più la parola “network” rispetto alla parola “social”. Forse il vero cambiamento non arriverà semplicemente spostandosi da una piattaforma all’altra, ma immaginando un futuro in cui le comunità digitali possano essere progettate e gestite dagli stessi utenti.

Niccolò Carradori

Ha studiato psicologia e nel 2013 è entrato a far parte della redazione di VICE Italia come redattore e staff writer, dove è rimasto fino alla chiusura della rivista. Negli anni ha scritto anche per Esquire, Rolling Stone, GQ e Ultimo Uomo. Dall’ottobre 2024 è entrato a far parte della redazione di The Bunker.